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Dove sei cresciuto?

Nella mia vita relativamente breve, mi sono spostato molto. Questo è stato un po’ il mio fattore caratterizzante e il modo in cui mi spiego alla gente. Non ho vissuto da nessuna parte per più di cinque anni e questo è successo solo perché ho frequentato l’università (e ho dovuto rimanere sei mesi in più per recuperare un credito mancante che avevo in qualche modo dimenticato). Ma quest’idea di non avere una casa o almeno delle radici in un unico posto gioca spesso nella mia mente. I miei genitori sono in un posto da più di dieci anni, il che è la prima volta anche per loro, ma ancora non si sentono a casa. O almeno in un senso astratto e poetico.

Col senno di poi, sento spesso di essere stata estremamente privilegiata per aver vissuto questa vita nomade non così comune (voglio dire che non sono la figlia di un diplomatico ma sapete cosa intendo) perché mi ha reso esattamente quella che sono oggi. Mi ha dato la capacità di cambiare e adattarmi ma mi ha anche reso quasi troppo camaleontica. Assumendo le qualità e gli attributi di chiunque sia con me e ovunque mi trovi. Non voglio dire che ognuno di noi non abbia un senso di sé e una personalità molto particolare, ma è molto più facile per me connettermi con le persone in un ampio spettro rispetto a quello che penso sarebbe stato se fossi stato circondato da persone molto simili nella mia vita. Mi ha reso tollerante e di mentalità aperta sia per quanto riguarda qualcuno che lascia la mia vita, sia per i monsoni a Mumbai (su questo ci sto ancora lavorando).

Non ho paura del cambiamento. Non temo il fatto di dover sradicare la mia vita in qualsiasi momento e iniziare qualcosa di completamente nuovo, forse perché questa è stata l’unica costante che ho avuto crescendo. Quando ero all’università, che è un affare più o meno quadriennale, continuo ancora a sottoscrivere un piano telefonico mensile piuttosto che qualcosa di più economico e a lungo termine semplicemente perché non è una cosa che so fare. Non so come sia un piano di vita quinquennale e sicuramente non mi pongo obiettivi perché chi sa cosa potrebbe succedere nel mondo? Mi sono perso le feste di compleanno a casa con gli amici che poi avrei descritto dicendo “siamo stati al compleanno dell’altro fin dall’asilo”. Mi sono persa le zie e gli zii e i vicini di casa che ti hanno visto crescere e che si ricordano com’eri quando eri solo al ginocchio. Ho perso l’opportunità di andare a scuola con lo stesso gruppo con cui avrei litigato, con cui avrei fatto pace e con cui avrei fatto le vacanze a 20 anni. Mi manca non avere le radici in un posto, non sentirmi completamente me stessa in nessun posto perché ogni città o paese tira fuori un altro ricordo e un altro lato di te.

È strano quando ci si sposta perché si perdono gli amici e a volte ci si aggrappa ad amici a cui si era molto legati, ma che non lo sono più, soprattutto perché ti hanno dato stabilità in un momento della tua vita. Questo pensiero è stato in realtà quello che mi ha fatto scrivere questo pezzo. Le persone cambiano e non essere in giro per vederlo, non rende sempre facile continuare ad essere quello che una volta pensavate di essere gli uni per gli altri.

Sono estremamente grato per quello che ho fatto e visto e non credo che lo scambierei per niente al mondo. Mi ha reso quello che sono, per quanto ubiquo possa essere, e credo che sia qualcosa a cui non si può mai sfuggire.